Daniele Padelli, uno di noi. Alto, bellissimo, calciatore famoso. Sembra quasi una presa in giro ma parlando con lui – grazie alla gentilezza e alla disponibilità del Torino FC – ci si accorge di quanto la notorietà conti relativamente poco per certe persone. Ha appena finito l’allenamento sul campo di Bormio, sicuramente è stanco, ma trova comunque il tempo per una breve intervista che ripercorre gli inizi di una carriera che potrà riservargli ancora molte soddisfazioni.
“Sono nato a Lecco ma ho sempre vissuto a Rogolo, dove abita ancora la mia famiglia – ricorda Daniele – ho iniziato nel Piantedo e a quindici anni ero già in prima categoria nel Delebio. Poi il Lecco, il Como, dove stavo nel collegio della squadra lariana. A diciassette anni gli altri uscivano e io andavo a letto presto perché c’era la partita. Era l’unica maniera se volevi davvero puntare in alto, dovevi dimostrarti maturo. Solo così puoi pensare di costruirti una carriera.”
Dal Como alla Sampdoria e poi tante serie minori, tra C e B, fino alla sorpresa dell’acquisto in prestito da parte del Liverpool. “Un’esperienza incredibile, sia calcistica che umana, di quelle che ti cambiano una carriera. Allenandoti fianco a fianco con giocatori come Steven Gerrard capisci come si diventa veri professionisti: curando ogni minimo particolare, sempre. Lì le chiacchiere non contano nulla, conta solo quello che dimostri sul campo. E che emozione la partita da titolare ad Anfield. Confesso che ero quasi spaventato, prima di entrare in campo, ma poi è salita la concentrazione per il match e tutto è andato bene.”
Da quel momento in poi la carriera di Daniele Padelli però sembra rallentare, nonostante le premesse a livello giovanile: 8 presenze totali con gli azzurrini, un “sogno che avevo sin da bambino e che ho potuto realizzare”. Tanti prestiti e ogni stagione deve partire di rincorsa come secondo portiere. Un ruolo difficile, dove conta molto la serietà e l’attitudine al lavoro, dove devi farti trovare pronto nel caso in cui si infortuni il titolare. Proprio come è successo a Udine lo scorso anno quando fece molto bene al posto di Brkic e si guadagnò la chiamata dal Torino. “Sono comunque soddisfatto della mia carriera sino ad ora, perché ho fatto della mia passione un lavoro e ho calcato i campi di serie A. Avrei voluto solo giocare un po’ di più, ma col tempo spero di guadagnarmi sempre più presenze in campo.
Non possiamo che chiudere con una dichiarazione sulla sua terra d’origine, quella Valtellina in cui ha vissuto per tanti anni e da cui è stato costretto a separarsi a causa del lavoro. “All’inizio è stata dura, vivere a Rogolo era complicato per la carriera. Col passare degli anni ho apprezzato sempre di più la vita tranquilla di questa magnifica terra, che mi rispecchia perfettamente come carattere. Appena ho un attimo libero torno qui a trovare la mia famiglia e i miei amici di sempre. Anche alla mia fidanzata – che vive a Udine – ho sempre detto che qui è la mia casa e a fine carriera è qui dove voglio vivere.”
Gentile. Deciso. Con la voglia di lottare per emergere. Daniele Padelli ha dimostrato che si può diventare giocatori di serie A anche partendo da Rogolo e che i sogni covati da bambini si possono realizzare. Questo ragazzo di oltre centonovanta centimetri e dallo sguardo di ghiaccio lo ha fatto senza perdere il contatto con le sue radici, amando il calcio e la sua terra. Daniele Padelli, uno di noi.
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